IL MASSACRO DI AL-AMIRYA  

Al-Amirya

4.20 antimeridiane del 13 febbraio 1991. Ora di Bagdad. Un' ora che migliaia di iracheni non potranno mai dimenticare. In quell' istante gli aerei americani centrarono il loro obiettivo: il rifugio antiaereo n. 25 nel quartiere di Al-Amirya a Bagdad. Nel rifugio vi erano circa 1000 persone, quasi tutte donne, bambini e vecchi. Almeno 408 di loro furono ridotti in cenere.

L' operazione Desert Storm ebbe inizio il 16 gennaio 1991 quando circa un milione di uomini, di cui 543.000 americani, appoggiati da 8 portaerei, 2 corazzate, 2430 aerei da combattimento, 3318 carri armati pesanti (Abrams, Challenger ed M60) iniziarono l' offensiva contro l' Irak di Saddam Hussein.

Il Congresso degli Stati Uniti aveva appena autorizzato, con la votazione tenuta il 12 gennaio, l' uso della forza. La risoluzione di autorizzazione alla guerra era passata con una maggioranza molto ristretta: al Senato vi furono 52 favorevoli contro 47 contrari, anche alla Camera dei Rappresentanti la risoluzione fu approvata con una ristretta maggioranza.  Nella pur lunga storia degli interventi militari degli Stati Uniti fu la votazione che registrò il minor distacco tra favorevoli e contrari alla entrata in guerra. (Da notare che Bush figlio fece evidentemente tesoro dell' esperienza del padre e preferì aggirare l' ostacolo di un' esplicita votazione sull' intervento armato del 2003: l' autorizzazione che si fece votare dal congresso fu infatti molto più generica tanto che ci furono dei ricorsi in quanto la formula adottata non autorizzava esplicitamente, ma demandava  al presidente, la decisione dell' intervento, la qual cosa, si obiettò, era incostituzionale).

La prima parte di Desert Storm fu quasi esclusivamente una campagna aerea: approfittando della incontrastata superiorità nei cieli e della superiorità tecnologica le forze aeree della coalizione guidata dagli USA effettuarono oltre  100.000 sortite, sganciando 88.500 tonnellate di bombe e distruggendo infrastrutture civili e militari. 

Una di queste azioni è passata alla storia come "il massacro del rifugio di Al Amiriya" (Al-Amiriya shelter massacre). La distruzione del rifugio antiaereo di Amiriya fu un atto deliberato, non un evento casuale. Il rifugio era notoriamente segnalato come una struttura per la difesa civile e della sua destinazione civile gli americani erano ben a conoscenza. La distruzione dl rifugio ebbe enorme eco in tutto il mondo e sembrò per l' ennesima volta contraddire la ricorrente pretesa americana di spacciare le proprie guerre come giuste, umane, eticamente superiori, attente alle sofferenze delle popolazioni civili. Gli americani si difesero dichiarando che avevano avuto "segnali" che il rifugio fosse usato come centro di comando militare: in altre parole che vi si nascondessero alti vertici iracheni ed in particolare Saddam. Nonostante l' evidenza dei fatti e le testimonianze dei giornalisti occidentali immediatamente accorsi a testimoniare il massacro di civili, gli USA non si sono mai scusati della deliberata distruzione del rifugio antiaereo   

La prima parte di quest' articolo è  tratta dal famoso  Blog "Bagdad Burning" la cui anonima autrice si firma con lo pseudonimo di "Riverbend". Riverbend è uno dei molti blogger iracheni (tra cui diverse donne) che durante l' occupazione USA hanno continuato a scrivere contro l' occupazione, contro la distruzione del loro paese, contro  l' invasione che ha portato l' Iraq nel caos e nella guerra civile. Nel maggio 2006 Riverbend ha ricevuto il "Bloggie award for Best Middle East and Africa blog", la sua identità è sempre rimasta sconosciuta e dall' ottobre 2007 il suo sito è inattivo...

Nella seconda parte del presente articolo vengono richiamate e commentate le conclusioni del rapporto di Human Rights Watch sul bombardamento e sulle pretese americane di aver agito correttamente, sulla base delle informazioni in quel momento disponibili,  nel prendere la decisione di effettuare il bombardamento: la perenne ipocrisia, di chi, pur commettendo crimini, è sempre pronto a trovare ragioni per autoassolversi... 




Dedicato alla memoria di L.A.S.

dal Blog "Bagdad Burning", domenica 15 febbraio 2004 - (1)

di Riverbend

Il 12 febbraio nel mondo arabo è la festa di fine Ramadan:  l' 'Eid Al-Fitr'. La festa si celebra con visite a famiglie e amici,  banchetti speciali e atti di carità. In molti luoghi si organizzano pranzi e banchetti per i poveri.  L'Eid al-Fitr è anche occasione di incontro e scambio di auguri fra cristiani e musulmani. Il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso prepara ogni anno un messaggio ufficiale per la fine del Ramadan.

Il 12 febbraio 1991 Bagdad era sotto bombardamenti continui, sopratutto notturni, da ormai quasi un mese.  Naturalmente non  c'era nè l' atmosfera tipica delle feste nè lo stato d' animo per fare festa. La maggior parte delle famiglie rimaneva in casa perchè non c' era nemmeno la benzina per poter muoversi da una zona all' altra della città. I quartieri più fortunati avevano rifugi antiaerei costruiti secondo criteri moderni e la gente dalle zone vicine si ritrovava assieme all' interno del rifugio durante i bombardamenti notturni. Anche quell' anno avrebbero potuto festeggiare l'  'Eid Al-Fitr'  all' interno dei rifugi insieme ai vicini ed agli amici. 

Gli iracheni si recavano ai rifugi più per ragioni sociali che per questioni di sicurezza. Nei rifugi, costruiti secondo gli standard più moderni, c'era acqua elettricità ed una sensazione di sicurezza e di  serenità data tanto dalla solidità della struttura quanto dalla presenza di amici e famiglie sorridenti. In guerra essere in compagnia di un largo gruppo di persone aiuta a rendere le cose più semplici, è come se il coraggio e la capacità di resistenza si trasferiscano da una persona all' altra ed aumentino esponenzialmente con l' aumentare del numero delle persone. Così  le famiglie nel quartiere di Amiriya decisero che si sarebbero riunite all' interno del rifugio per la cena della festività di 'Eid Al-Fitr' dopo di che gli uomini ed i ragazzi al di sopra dei 15 anni sarebbero andati via per lasciare che donne e bambini potessero festeggiare tra di loro in tutta libertà. Gli uomini non potevano immaginare, mentre andavano via che quella sarebbe stata l' ultima volta che avrebbero visto le loro mogli, figlie, bambini, fidanzate, sorelle....

Posso immaginare la scena dopo che gli uomini, intorno la mezzanotte, ebbero lasciato il rifugio: le donne sedute intorno che versano  il tè bollente nelle tazzine di vetro, passandosi l' un l' altra pasticcini e cioccolata. I bambini a correre in lungo ed in largo all' interno del vasto rifugio gridando e ridendo come fossero i padroni del vasto campo  di gioco sotterraneo. Ragazze che siedono in circolo parlando di ragazzi o vestiti o musica o le ultime chiacchiere su Sara o Lina o Fatima. Gli odori che si mescolano tè, arrosto, riso. Odori   confortanti che danno l' impressione di stare realmente a casa.

Le sirene incominciano a dare l' allarme, le donne ed i bambini  interrompono gli assaggi o le sgridate, dicono una breve preghiera preoccupandosi per i loro cari che sono andati fuori dal rifugio per lasciare più libertà a mogli e figli.   

Le bombe cadono crudeli e veloci poco dopo le 4.00 della notte. La prima 'smart bomb' colpisce  in corrispondenza del sistema di ventilazione attraversando il primo piano del rifugio dove crea una grande  voragine, giungendo fino al piano inferiore del rifugio dove sono i serbatoi d' acqua e di propano per riscaldare acqua e cibi. Il secondo missile segue immediatamente il primo e ne finisce il lavoro. Le porte  del moderno rifugio si chiudono automaticamente imprigionando le oltre 400 persone che sono all' interno.

Il rifugio si trasforma in un inferno; le esplosioni ed il fuoco salgono dal livello inferiore fino  al livello dove sono le donne ed i bambini e l' acqua raggiunge l' ebollizione e sale anch' essa. Quelli che non muoiono immediatamente carbonizzati dal fuoco o  dilaniati dalle esplosioni  muoiono a causa dell' acqua bollente o carbonizzati dal calore che arriva fino a più di 500° C)

Ci svegliammo al mattino vedendo gli orrori riportati nei notiziari televisivi. Guardavamo i soccorritori iracheni entrare nel rifugio ed uscire piangendo ed urlando, trasportando all' aperto corpi carbonizzati ad un livello tale da non sembrare nemmeno umani. Vedemmo la gente che abitava nella zona, uomini, donne e bambini aggrappati al recinto che circonda il rifugio, urlanti con terrore in preda al panico, chiamare nome dopo nome, cercando un viso familiare nel mezzo dell' orrore.

I corpi vennero allineati uno accanto all' altro, tutti delle stesse dimensioni, rimpiccioliti a causa del calore e carbonizzati tanto da non poter   essere riconosciuti. Alcuni erano in posizione fetale, curvi come se cercassero di scappare richiudendosi in se stessi. Altri erano allungati e rigidi come se stessero cercando di stendere una mano per salvare una persona amata o a raggiungere un riparo. La maggior parte rimase irriconoscibile per i familiari, solo la taglia ed i frammenti di abiti o di gioielliindicano il sesso e l' età approssimativa.

Amiriya è un quartiere abitato da insegnanti di scuola, professori di college, dottori e comuni impiegati, un quartiere della classe media con case basse, gente amichevole ed una crescente popolazione mercantile. Era un miscuglio di sunniti e sciiti e cristiani, tutti conviventi pacificamente e felicemente. Dopo il 13 febbraio diventò un' area da tutti evitata. Per settimane e settimane sull' intera zona aleggiò un lezzo di carne bruciata e l' aria era pesante e grigia di cenere. Le case stuccate beige furono improvvisamente ricoperte con neri pezzi di stoffa decorati dei nomi dei cari perduti: "Ali Jabbar piange la perdita di sua moglie, della figlia e di due figli..."; "Muna Rahim piange la perdita di sua madre, delle sorelle dei fratelli e del figlio..."

(.......) La mia prima visita al rifugio risale a diversi anni dopo il bombardamento. Eravamo nel quartiere in visita ad un amica di mia madre, un' insegnante  che si era ritirata in pensione dopo il bombardamento di Amiriyah. Non aveva intenzione di andare  in pensione, ma quando le scuole si riaprirono nell' aprile del 1991, e si recò  il primo giorno di scuola a dare il benvenuto ai suoi alunni, entrò in classe e trovò solo 11 dei 23 studenti. "Pensavo che avessero deciso di non venire...", ricordo che raccontava a mia madre con voce sommessa, "...ma quando cominciai a prendere le presenze, i ragazzi mi dissero che gli  altri erano morti nel rifugio...". 

Subito dopo l' amica di mia madre lasciò il lavoro perchè, disse, quel giorno il cuore le si era spezzato e non poteva più guardare i bambini senza ricordare la tragedia.

Decisi così di rendere omaggio al rifugio ed alle vittime.  Era ottobre e chiesi alla professoressa in pensione se il rifugio fosse aperto (sperando nel profondo del mio cuore che mi rispondesse negativamente). Ella fece segno di sì con la testa e disse che era aperto, che invero era sempre aperto....

Camminammo brevemente fino al rifugio che era nel mezzo delle case, separato solo da un' ampia strada. C' erano bambini che giocavano per la via, ne fermammo uno che giocava a pallone. "C'è qualcuno nel rifugio?" chiedemmo. Il piccolo fece un cenno affermativo  con la testa e rispose che sì,  il ri fugioera "maskoon" ("abitato"). Ora la parola "maskoon" può significare due differenti cose in arabo, può voler dire "presenziato", ma anche "infestato, abitato da fantasmi". La mia immaginazione mi portò a pensare che il bambino alludesse al secondo significato. Non sono certo una persona che crede nei fantasmi o nei mostri. Il mostro peggiore è l' uomo e se tu sei sopravvissuto alla guerra e alle bombe, i fantasmi sono nulla al confronto... nonostante ciò qualcosa dentro di me sapeva che un posto dove più di 400 persone avevano perso la vita (ed im maniera così orribile ed improvvisa!) dovesse in qualche maniera conservare ancora una qualche presenza delle loro anime...

Entrammo. Il posto era oscuro e freddo nonostante il tiepido tempo di ottobre. L' unica luce proveniva dallo squarcio aperto nel tetto del rifugio, laddove i missili americani avevano colpito. Desiderai trattenere il respiro timorosa di sentire qualche odore che non volevo assolutamente percepire... ma non puoi trattenere il respiro così a lungo: l' aria non  era affatto viziata, aveva un sentore di tristezza, così come il vento che attraversava il rifugio aveva un qualche cosa di doloroso. Gli angoli lontani del rifugio erano immersi nell' oscurità, era facile immaginare che ci fossero persone rannicchiate nel buio.

Le pareti erano coperte  di fotografie. Centinaia di foto di donne e bimbi dai larghi sorrisi e con gli  occhi di gazella ed i morbidi sorrisi   dei più piccoli. Un viso dopo l' altro ci fissavano dal cupo grigiore delle pareti in un' atmosfera immobile e senza speranza.  Mi chiedevo cosa fosse accaduto alle loro famiglie o piuttosto a ciò che era rimasto delle loro famiglie all' indomani della catastrofe. Conoscevamo un uomo che era impazzito dopo aver perso sua moglie e i suoi figli all' interno del rifugio. Mi chedevo quanti altri avevano incontrato lo stesso fato... e mi chiedevo quanto valga la vita  una volta che hai perduto le persone a te più care. 

foto sui muri

In fondo al rifugio sentimmo delle voci. Tesi le orecchie per ascoltare e scoprimmo 4 o 5 turisti giapponesi ed una donna piccola e minuta che si rivolgeva loro in uno stentato inglese. Stava cercando di spiegare come le bombe avevano colpito il rifugio e come la gente era morta. Per aiutarsi nella spiegazione faceva ampi gesti con le mani  ed i turisti giapponesi annuivano con la testa, scattavano fotografie e  mormoravano in cenno di assenso.

"Chi è quella donna?" Chiesi all' amica di mia madre.

"Si prende cura del posto...",  mi rispose a bassa voce.

"Perchè non mettono qualcuno che parli meglio l' inglese: è frustrante da vedere..." le sussurai di rimando guardando i giapponesi che sitringevano la mano alla donna prima di andarsene.

La professoressa scosse la testa tristemente, "Hanno provato, ma lei rifiuta di andarsene. E' rimasta qui a prendersi cura del rifugio fin dal momento in cui le squadre di soccorso ebbero finito il loro lavoro .... ha perso 8 figli qui...". Rimasi  scioccata da quelle parole, mentre la donna si  avvicinava a noi. Il suo viso era severo benchè gentile, come quello del preside di una scuola o... come quello di una madre di 8 figli. Ci strinse la mano e ci portò in giro per il bunker: "Qui è dove stavamo... Qui à dove il missile è penetrato... Qui è da dove l' acqua bollente è risalita... Qui è dove la gente è rimasta attaccata al muro. 

Nel parlare in arabo la sua voce era forte e ferma. Non sapevamo cosa dirle. Ella continuava a raccontarci di come fosse andata nel rifugio con 8 dei suoi nove figli e come l' avesse momentaneamente lasciato, pochi minuti prima dell' arrivo dei missili,  per andare a prendere del cibo ed un ricambio di abiti per uno dei bimbi più piccoli. Stava a casa quando le smart bombs esplosero e il suo primo pensiero fu "Grazie a Dio i bambini sono nel rifugio..." Quando ritornò correndo verso il  rifugio si accorse  che era stato  colpito e l' orrore cominciò... Rimase a guardare i corpi che venivano portati via per giorni e giorni e per mesi rifiutò di credere di averli persi. Da allora non ha lasciato il rifugio: è diventato la sua casa.

Indicò le vaghe orme dei corpi impresse dal calore sulle pareti di cemento e sul pavimento e la più impressionante era quella di una madre che stringeva un bimbo al suo seno come se tentasse di proteggerlo o di salvarlo. "Quella avrei dovuto essere io ..." disse la madre che aveva perduto i suoi figli e noi non sapemmo cosa dirle.

Fu allora che mi resi conto che il posto era effettivamente "maskoon" o infestato... a partire da quel 13 febbraio  1991 era stato infestato da fantasmi: i fantasmi erano  coloro  che avevano avuto la maledizione di sopravvivere.  


Riverbend - dal blog "Bagdad Burning" - domenica 15 febbraio 2004

traduzione Andrea Chiodi, Giuseppe Chiodi

post originale in inglese



Il rapporto di Human Rights Watch: l' attacco al rifugio di Al-Amiriya è stata una "serious violation of the laws of war"

Nel suo rapporto sulle vittime civili durante la Guerra del Golfo (4) Human Rights Watch esamina il comportamento dei comandi americani riguardo la decisione di distruggere la struttura. In altre parole, indipendentemente dal dato evidente che la decisione di considerare il rifugio di Al-Amiriya un obiettivo militare si sia poi rivelata un errore, come si era gliunti dal punto di vista metodologico e quindi del rispetto delle leggi di guerra a quella decisione? Ovvero l' errore era solo nella qualità delle  informazioni a disposizione, che ha generato una decisione errata,  o piuttosto il processo decisionale stesso non è stato condotto secondo le prescritte regole di guerra? 

Innanzitutto, per sua stessa ammissione, il Dipartimento della Difesa era a conoscenza che il bunker di Amiriya era stato usato come rifugio civile antiaereo durante la guerra tra Iran ed Iraq ("Pentagon concedes that it knew the Amiriya facility had been used as a civil-defence shelter during the Iran-Iraq war" (4)). Successivamente all' attacco e dopo che il massacro di civili si era rivelato  nella sua tragicità, gli USA dichiararono di aver avuto vari "segnali" che il rifugio fosse usato come centro di comando militare. Tra i segnali, riporta sempre HRW, furono citati dagli americani:

L' aspetto esterno "fortificato", la presenza di personale militare sul luogo, l' esistenza di pitturazioni di mimetizzazione sul tetto dell' edificio ed un reticolo di filo spinato  attorno il perimetro della costruzione

[The building' hardened exterior, the presence of military personnel at the site, the location of camouflage paint on the structure' s roof and a barbed-wire fence around the perimeter. (4) ]


Nel suo rapporto HRW innanzitutto rimarca il fatto che, come struttura di protezione civile,  il bunker avrebbe dovuto godere di un particolare status di protezione. Anche  qualora  gli USA fossero stati convinti che la struttura non fosse più adibita ad uso  civile, per la Convenzione Internazionale di Ginevra, era necessario fare degli ulteriori passi per garantire la vita dei civili. Infatti cambiare lo status di protezione di una struttura considerata fino a quel momento ad uso civile e considerarla,  ad esempio sulla base di un eventuale attività di intelligence,  un obiettivo militare lecito avrebbe dovuto quantomeno richiedere un preciso ed esplicito avvertimento preventivo:   

Gli USA non hanno dato alcun preavvertimento riguardo l' aver cambiato lo status della struttura avendo deciso di non considerarla più una struttura civile: l' articolo 65  del Primo Protocollo (addizionale alla Convenzione di Ginevra del 1949 N.dT.) prevede che la particolare protezione di cui gode una struttura adibita alla protezione civile possa cessare , nell' eventualità che il rifugio sia usato per scopi militari, "solo dopo che sia stato dato un preavviso assegnando un ragionevole tempo limite e dopo che tale preavviso sia rimasto inascoltato".... L' aver mancato di dare il preavviso richiesto dalla Convenzione prima di procedere con il disastroso attacco al rifugio di Al-Amiriya, fu, da parte degli Stati Uniti una seria violazione delle leggi di guerra.(4)

[U.S. officials gave no warning that they considered its protected status as a civilian shelter to have ended. Article 65 of Protocol I provides that the special protection afforded civil-defense structures ceases in the event that a shelter is used for military purposes "only after a warning has been given setting, whenever appropriate, a reasonable time-limit, and after such warning has remained unheeded."......The United States' failure to give such a warning before proceeding with the disastrous attack on the Ameriyya shelter was a serious violation of the laws of war. (4)]

Riguardo agli "indizi" addotti dagli USA come giustificazione per aver considerato che il rifugio fosse in realtà  un obiettivo militare, indizi accennati precedentemente a cui si deve aggiungere anche il fatto che le osservazioni da satellite avevano notato come  fossero parcheggiate, in vicinanza della struttura, delle auto di rappresentanza, HRW si esprime ancora più chiaramente:

Oggi è ben chiaro, attraverso le interviste con i residenti, che il bunker di Ameriya era manifestamente segnalato come rifugio pubblico civile e come fosse effettivamente usato per tutta la durata dei bombardamenti da un gran numero di civili. Il personale militare che fu osservato presente in corrispondenza della struttura non è affatto una ragione per etichettare la stessa come un bersaglio militare in quanto l' Art. 65 esplicitamente riporta che le attività di difesa civile possono essere condotte sotto il controllo od in cooperazione con personale militare senza che per questo le strutture adibite a ciò perdano il loro status di protezione. (più in basso, nel riquadro, è riportato il testo dell' articolo del Primo Protocolla alla Convenzione di Ginevra N.d.T.)  Sebbene gli Stati Uniti abbiano insistito che i civili erano difficili da osservare perchè essi dovevano evidentemente arrivare nel rifugio durante le ore serali, dopo la caduta dell' oscurità, l' amministrazione americana non ha spiegato perchè un così gran numero di persone non sia stato osservato all' uscita dal rifugio nelle ore mattutine, in piena luce solare. (4)

[It is now well established, through interviews with neighborhood residents, that the Ameriyya structure was plainly marked as a public shelter and was used throughout the air war by large numbers of civilians. That military personnel were observed at the facility is not conclusive in labeling it amilitary target because Article 65 makes clear that civil-defense functions can be carried out under the control of or in cooperation with military personnel without the facilities used losing their protective status. Although the United States has charged that the civilians were difficult to observe because they must have entered the shelter after dark, U.S. officials have not explained why large numbers of civilians were not observed in the daylight of the morning when they exited the shelter.(4)]

Che personale militare debba essere presente per regolare e controllare il flusso all' ingresso di una così grande struttura che poteva accogliere fino a 1000 e più persone è infatti del tutto evidente. Così come la presenza di barriere in filo spinato che, come rilevato da una stessa fonte militare, erano ben diffuse in quel periodo di bombardamenti a Bagdad, addirittura ve ne erano attorno i panifici, anche per controllare possibili disordini:

There is said to be barbed wire there but that's normal in Baghdad. We've been told that wire is sometimes put up to control crowds, that there is barbed wire near bakers' shops to prevent riots. [da un articolo di Robert Fisk:  "Air Officers in Dispute over Baghdad Raids," The Independent, 15 February 1991]


Article 65.-Cessation of protection (5)

1. The protection to which civilian civil defence organizations, their personnel, buildings, shelters and matériel are entitled shall not cease unless they commit or are used to commit, outside their proper tasks, acts harmful to the enemy. Protection may, however, cease only after a warning has been given setting, whenever appropriate, a reasonable time-limit, and after such warning has remained unheeded.

2. The following shall not be considered as acts harmful to the enemy:

  • ( a ) That civil defence tasks are carried out under the direction or control of military authorities;
  • ( b ) That civilian civil defence personnel co-operate with military personnel in the performance of civil defence tasks, or that some military personnel are attached to civilian civil defence organizations;
  • ( c ) That the performance of civil defence tasks may incidentally benefit military victims, particularly those who are hors de combat .

3. It shall also not be considered as an act harmful to the enemy that civilian defence personnel bear light individual weapons for the purpose of maintaining order or for self-defence. However, in areas where land fighting is taking place or is likely to take place, the Parties to the conflict shall undertake the appropriate measures to limit these weapons to handguns, such as pistols or revolvers, in order to assist in distinguishing between civil defence personnel and combatants. Although civil defence personnel bear other light individual weapons in such areas, they shall nevertheless be respected and protected as soon as they have been recognized as such.

4. The formation of civilian civil defence organizations along military lines, and compulsory service in them, shall also not deprive them of the protection conferred by this Chapter.



Al di là del linguaggio  burocratico la lettura del rapporto di HRW rende evidente il fatto che gli USA, alla probabile affannosa ricerca di colpire Saddam o quanto meno gli alti comandi iracheni, abbiano agito sulla base del  mero sospetto, non suffragato da alcuna seria indagine, che il rifugio di Amiriya (ufficialmente ben segnalato e conosciuto come rifugio civile) fosse in realtà utilizzato anche dalle alte sfere militari o governative irachene. Sulla base di questo mero sospetto gli USA hanno portato avanti un deliberato e sofisticato attacco al bunker che con ogni probabilità sapevano ospitare civili. A questo ultimo riguardo  lapidarie le ultime considerazioni citate dal rapporto di HRW: che non fosse possibile non vedere dopo varie settimane di attacchi ed osservazioni sui bersagli della capitale irachena le centinaia o migliaia di persone che al mattino uscivano dal rifugio antiareo. Dunque gli USA hanno agito valutando che la evidentemente piccola possibilità di colpire Saddam o qualche altra autorità nemica ben valesse la quasi certezza di fare centinaia di vittime civili.

Se fosse andata bene avrebbero colpito il rifugio di Saddam, ipotizzando fosse camuffato sotto o all' interno del bunker civile, se fosse andata male, grazie al controllo della grancassa mediatica, avrebbero sempre potuto dire che comunque era colpa di Saddam che si faceva scudo dei civili inermi: abilissimi  nell' addossare agli avversari le proprie colpe, sempre pronti ad autoassolversi nel nome di una nuova ennesima missione civilizzatrice da imporre con le buone o con le cattive. In effetti  lo stesso 13 febbraio Martin Fitzwater, portavoce della casa bianca, ebbe a dire:

Last night coalition forces bombed a military command-and-control center in Baghdad that, according to press reports, resulted in a number of civilian casualties.

The bunker that was attacked last night was a military target, a command-and-control center that fed instructions directly to the Iraqi war machine, painted and camouflaged to avoid detection, and well documented as a military target. We have been systematically attacking these targets since the war began. We don't know why civilians were at this location. But we do know that Saddam Hussein does not share our value in the sanctity of life. Indeed, he, time and again, has shown a willingness to sacrifice civilian lives and property that further his war aims.

Civilian hostages were moved in November and December to military sites for use as human shields. P.O.W.'s reportedly also have been placed at military sites.

Dunque nessuna scusa e nessuna ammissione, comunque sempre colpa del cattivissimo Saddam che "does not share our value in the sanctity of life". Rabbrividiamo  pensando come la storia ci abbia ormai insegnato quale sia per gli americani "il sacro valore della vita" degli altri . Per una tragica ironia del destino il 13 febbraio, giorno del massacro di Al-Amiriya, è anche l' anniversario del bombardamento angloamericano della città di Dresda...



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Impronte delle vittime del rifugio antiaereo di  Al Amiriya  rimaste impresse a causa del fuoco sulle pareti. Delle stimate 408 vittime  142  erano bambini al di sotto dei dieci anni

Andrea Chiodi - agosto  2009





fonti - approfondimenti:

(1) Bagdad burning - Febbraio 2004   


(2) articolo di Na’eem Jeenah - 2001 - Al Qalam - Johannesburg


(3) The Ameriya Shelter - St. Valentine's Day Massacre - articolo di Felicity Arbuthnot su U.N. Observer


(4) NEEDLESS DEATHS IN THE GULF WAR - Civilian Casualties During the Air Campaign and Violations of the Laws of War Human Rights Watch, (c)1991.


(5) Protocol Additional to the Geneva Conventions of 12 August 1949,  relating to the Protection of Victims of International Armed Conflicts (Protocol 1)


(6) Bombs Killed Victims as They Slept - Nora Boustany - 14 febbraio 1991 - The Washington Post


(7) Imagery Intelligence - Federation of American Scientist