L’ECCESSO DI OLOCAUSTO SI E’ INSEDIATO NELLA PSICHE EBRAICA
di Israel Shamir, intellettuale e scrittore israeliano di origine russa, vive a Jaffa. La sua posizione di principio, in favore del diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi e della ricostruzione dei loro villaggi distrutti ha causato il suo licenziamento dal giornale israeliano “progressista” Ha’aretz. Shamir è un forte sostenitore della soluzione “un uomo, un voto, uno stato” con l’obiettivo di un unico stato Israele-Palestina
Estratto da una conferenza tenuta all’Università di Teramo il 29 aprile 2007 sul tema: Olocausto e Medio Oriente: la storia imbavagliata
Prima
dell’Olocausto c’era il “blood
libel” [“Oltraggio del
sangue”, ovvero l’accusa rivolta agli ebrei di
praticare omicidi allo scopo di utilizzare il sangue a scopo rituale,
NdT]. Se si leggono testi ebrei e giudeofili antecedenti
alla Seconda Guerra Mondiale, si può notare che il posto
attualmente occupato dal dogma dell’Olocausto
nell’universo giudeocentrico non era vacante; era occupato
dai pogrom in Russia, dal processo Dreyfus,
dall’Inquisizione, dall’espulsione dalla Spagna,
dalla distruzione del Tempio e in larghissima parte dal
“blood libel”. Tutti questi eventi erano portatori
dello stesso messaggio: essi proclamavano l’eterna,
inimitabile, irragionevole e infondata sofferenza degli ebrei causata
dall’odio irrazionale dei Gentili; servivano ad unire e
mobilitare gli ebrei contro i Gentili; riducevano a pietà
l’invidia, l’ostilità e la sfiducia,
riuscendo perfino a suscitare sentimenti di colpevolezza nei migliori
tra i “goym”.
Lo
storico russo Kozhinov ha studiato i pogrom avvenuti in Russia,
provando che nel corso di questi violenti scontri restarono uccisi
più non-ebrei che ebrei. Il più grande e
sanguinoso tra i pogrom, quello di Kishinev, fu descritto da Bialik, il
poeta nazionale degli ebrei, come il più grande tra i
massacri, con sangue che inondava le strade; e in un articolo
recentemente pubblicato su Haaretz un giornalista
israeliano ha scritto: “Nessuno mette in dubbio il diritto
della Russia all’esistenza, nonostante che a Kishinev,
all’inizio del 20° secolo, i cristiani avessero
ficcato le proprie unghie negli occhi dei bambini ebrei”. In
realtà, a differenza dei casi di bambini italiani ed inglesi
realmente torturati a morte da stregoni ebrei, le accuse di
“aver ficcato le unghie negli occhi, ecc.” erano un
mero volo di fantasia. Ciò è facilmente
dimostrato dal fatto che a Kishinev il numero totale dei morti fu di 45
persone, un quarto dei morti del Deir Yassin [il villaggio
palestinese vicino a Gerusalemme dove, tra il 9 e l’11 aprile
1948, circa 150 palestinesi vennero uccisi nel corso di
un’offensiva militare dell’Irgun-Lehi, NdT],
un mese di mietitura dell’Intifada.
Perciò
tutte queste leggende di immotivata sofferenza potrebbero essere
smentite, ma perché curarsene, se l’unica cosa che
gli inventori di queste storie vogliono dimostrare è che gli
ebrei sono unici e speciali, che hanno sofferto più di
chiunque altro e che per questo motivo hanno diritto di agire a modo
loro, che sono i migliori che ci siano e che chiunque lo metta in
dubbio è ossessionato da antisemitismo mistico. Queste
storie vengono inventate per risvegliare la furia degli ebrei contro i
loro presunti persecutori, c’est tout.
Io
non sopporto queste fandonie vittimistiche, e non soltanto
perché sono deboli sul piano dei fatti. Le fandonie
vittimistiche non sono un risultato, ma una causa di sofferenza. Ogni
volta che saltano fuori queste storie di sofferenza immotivata, si
può stare sicuri: i loro inventori si stanno preparando a
compiere qualche atroce bestialità per conto proprio.
Brandendo la leggenda dell’olocausto, gli ebrei nel 1948
cancellarono la pacifica popolazione palestinese. Gli armeni recitarono
la litanìa della propria incomparabile e immotivata
sofferenza e massacrarono gli innocenti civili azeri di Qarabag durante
la guerra del 1991-94, provocando
l’esodo verso Baku di centinaia di migliaia di rifugiati.
Polacchi
e cechi, infiammati dalle storie della propria sofferenza sotto il
Reich, scacciarono milioni di cittadini di ceppo tedesco dalle terre
dei loro antenati, mentre gli ucraini che narravano storie della
propria sofferenza a Rzecz Pospolita massacrarono i polacchi di Volyn a
migliaia.
Se
è vero che i turchi uccisero, è anche vero che
gli armeni provocarono; e ogni volta che vi sono state azioni contro
gli ebrei, esse sono state provocate da azioni degli ebrei. Dunque,
essendo un negazionista ormai dichiarato, io nego l’esistenza
stessa dell’antisemitismo, cioè
dell’”odio irrazionale verso gli ebrei”.
Questo odio irrazionale non esiste. L’ebraismo è
stato combattuto come qualsiasi potere lo è sempre stato, da
quello della Chiesa Cattolica a quello della Standard Oil Company. Gli
ebrei non sono agnelli, bensì un fattore piuttosto attivo di
vitalità economica ed ideologica. Si può stare
con loro o contro di loro. Ma “odiarli”? Certamente
no. E’ avvenuto più spesso che i non-ebrei siano
stati generosi con gli ebrei che viceversa. Perfino il “blood
libel” si è rivelato essere non un oltraggio, ma
una serie autentica di eventi criminali.
Ci
sono state azioni contro gli ebrei in Europa e in Medio Oriente? Certo
che ci sono state. Ma sono davvero state prodotte da “odio
irrazionale”? “Odio” un corno! Nel 1911
il governo americano smantellò il potente impero di John D.
Rockefeller. Non essendo ebreo, Rockefeller non potè
lamentarsi che ciò fosse dovuto ad antisemitismo. Non
potè dire che lo avevano fatto perché non amavano
il suo aspetto, la sua razza, la sua stirpe, le sue abitudini o che si
trattava di una punizione divina per i suoi peccati.
L’ebraismo
è più forte della Chiesa Cattolica, come si
può apprendere dal destino di uno scienziato italiano che
potremmo paragonare al Dr. Toaff [Ariel Toaff, autore del
libro “Pasque di Sangue, costretto a rinnegare e ritirare
dalle librerie il suo saggio dalla pressione delle lobby ebraiche, NdT].
Proprio ieri, poco lontano dalla piazza principale, ho visto una targa
che commemorava Giordano Bruno, martire della scienza. Diceva:
“Fu ucciso dalla Chiesa Cattolica, nemica della
scienza”. Potete consultare centinaia di libri, esplorare
internet in lungo e in largo, dovunque leggerete che
Invano
cercherete una targa commemorativa di un filosofo ebreo, lo scienziato
e scettico Rabbi Samuel Ibn Zarza, autore del Miklal Yofi,
che espresse i suoi dubbi riguardo al
Perciò
vi sono due studiosi, entrambi bruciati vivi, solo che uno fu mandato
al rogo dalla Chiesa, l’altro dagli ebrei. Se scendiamo nei
dettagli, potrete trovare molte altre similarità. Samuel Ibn
Zarza fu giustiziato dal tribunale su istigazione degli ebrei. Ma vi
sono indizi che gli ebrei abbiano operato dietro le quinte anche per
mettere a morte Giordano Bruno, essendo quest’ultimo
ferocemente anti-ebreo. Giordano Bruno definiva gli ebrei “una
generazione tanto pestilente, leprosa e generalmente perniciosa che
merita prima esser spinta che nata” (Giordano
Bruno, Spaccio de
Se
si apre la versione ebraica di Wikipedia, vi si può leggere:
“Benché Samuel Shalom (un
saggio ebreo del 16° secolo) affermi che Zarza fu
mandato al rogo dal tribunale di Valencia su denuncia del rabbino Isaac
Campanton, che lo aveva accusato di negare la creazione del mondo, gli
storici hanno provato come tale affermazione sia una mera
leggenda”. Così, il Ministero della
Verità ebraico, che fabbrica e rivisita la storia,
può stabilire e imporre cosa è successo davvero e
cosa deve restare “una mera leggenda”.
Si
può quantificare il potere degli ebrei? Alcuni mesi fa il
settimanale britannico The Economist ha
pubblicato un’insolita cartina del mondo: il territorio di
ciascun paese era raffigurato in proporzione al suo prodotto interno
lordo. Si trattava di una mappa rivelatrice: l’India era
più piccola dell’Olanda, l’intera
America Latina aveva le dimensioni dell’Italia; Israele era
più grande di tutti i paesi arabi vicini. Questa mappa non
era una precisa mappa del potere. Per disegnare una vera mappa del
potere mondiale occorrerebbe tenere conto anche di altri parametri:
potere militare, capacità nucleare e convenzionale,
capacità di influire sulla percezione attraverso
l’utilizzo di film, libri, giornali, cattedre universitarie,
posizioni internazionali. Su una simile mappa del potere,
l’ebraismo avrebbe dimensioni smisurate. Gli ebrei
rappresentano un potere di grande rilievo nel mondo in cui viviamo. Un
potere di prima categoria, più forte della Chiesa Cattolica,
certamente più forte dell’Italia o di qualunque
altro stato europeo, più forte della Shell,
dell’Agip e delle multinazionali.
Negli
studi astronomici esiste un fenomeno chiamato buco nero: una stella
molto pesante e densa altera la geometria dello spazio circostante e
nemmeno i raggi luminosi riescono a sfuggire alla trappola
gravitazionale che essa crea. Questa stella-buco nero è
invisibile perché è molto potente.
Così, potremmo dire che l’ebraismo è un
buco nero. Tanto potente da essere invisibile. Vederlo non è
consentito. E’ il più grande tabù del
nostro tempo. Il famoso dibattito sulla “coda che agita il
cane” relativo alla lobby ebraica negli Stati Uniti,
è un tentativo di girare intorno al tabù senza
farlo cadere davvero. Di certo un piccolo paese mediorientale come
Israele non potrebbe mai “agitare” il cane-America.
Lobby israeliane come l’AIPAC e compagnia bella, nonostante
gli sforzi, non hanno poi tutta questa influenza. Ma le lobby
israeliane e lo stato d’Israele sono percepiti come
manifestazioni del Buco Nero, della grande realtà
innominabile: l’ebraismo.
[…]
David
C. Johnston, sul New York Times
[…] ha scritto: “Il dislivello di
reddito [negli USA] è cresciuto in modo significativo nel
corso del 2005; l’1 per cento degli americani che si trovano
in cima alla classifica – quelli con un reddito annuo
superiore ai 348,000 $ - hanno avuto il reddito più elevato
dal 1928, come mostra un’analisi degli introiti fiscali
pubblicata di recente. Quest’analisi mostra anche che i
300.000 americani più ricchi hanno potuto godere, nel
complesso, di un reddito pari a quello dei 150 milioni di americani che
si trovano in fondo alla lista. Il gruppo più ricco ha
guadagnato, pro capite, 440 volte di più di quanto guadagni
mediamente una delle persone appartenenti all’altro gruppo,
con una forbice quasi raddoppiata rispetto al
Una
domanda a cui Johnston non risponde (anzi, che nemmeno si pone)
è: tra “i 300.000 americani più ricchi
che hanno potuto godere, nel complesso, di un reddito pari a quello dei
150 milioni di americani che si trovano in fondo alla lista”
quanti appartengono al gruppo etnico “economicamente
più florido degli Stati Uniti”? Non è
forse lecito aspettarsi che, in assenza di una chiesa nazionale o di
altre limitazioni non-economiche, la loro influenza sulla politica USA
sia direttamente proporzionale al loro reddito collettivo?
La
“democrazia” è un ideale sistema
politico in cui a ogni persona spetta un voto e tutti i voti sono
eguali. Quest’idea è già difficile da
realizzare in assenza di diseguaglianza economica, perché
esistono persone più e meno influenti a seconda delle loro
diverse capacità. Nelle condizioni descritte da Johnston,
quando un membro dell’elite ha un reddito pari a quasi 500
volte quello di una persona normale, la democrazia è
seriamente a rischio. Ma questo ideale risulta completamente tradito se
i membri dell’elite sono anche proprietari dei mezzi di
comunicazione e possiedono perciò la capacità di
determinare la visione del mondo di tutti gli altri. Se questi
proprietari dei media uniscono le loro forze come avviene negli Stati
Uniti, la democrazia perde di significato. Sono completamente
d’accordo con Frau
Merkel che ha detto: “Una stampa libera
è la pietra fondante della nostra società e la
base di tutte le libertà”. Ma non riesco a capire
perché consideri libera la stampa che si trova nelle mani di
baroni mediatici ebrei e giudeofili, come Alfred Neven DuMont,
proprietario di una delle più antiche case editrici tedesche
e comproprietario del giornale Israeliano Haaretz
(
Perché sottolineo “baroni mediatici ebrei e giudeofili”? “Baroni mediatici” non sarebbe già sufficiente? No. Un Haaretz di proprietà di DuMont può pubblicare un articolo intitolato Confessioni di un razzista antitedesco, ma un giornale tedesco di proprietà di DuMont non pubblicherebbe mai l’articolo di una persona a cui non piacciono gli ebrei. La giudeofilia integra i baroni dei media e le loro proprietà in un unico meccanismo totalitario, proprio come l’ideologia comunista integrava tutti i media sovietici in un solo (e noioso) marchingegno. Questo paragone potrebbe essere sviluppato: negli Stati Uniti e nell’Occidente in generale, l’ebraismo occupa i vertici del controllo che un tempo, in URSS, erano occupati dal Partito Comunista. Senza essere di fatto menzionato nella Costituzione, pur non essendo formalmente parte dell’apparato dello stato, questo corpo oscuro controlla ogni processo ma non è a sua volta controllato da poteri esterni. Joe Pubblico non è rappresentato nel Consiglio dei Presidenti della Major American Jewish Organizations, proprio come Ivan Pubblicoff non era rappresentato nel Politburo.
I
revisionisti dell’Olocausto credono che il potere
dell’ebraismo crollerà se verrà minato
il mito dell’Olocausto. Credono che “il potere
degli ebrei sia fondato sulla menzogna”. Non sono
d’accordo. Il potere degli ebrei è assolutamente
reale, è fondato sul denaro, sull’ideologia e su
tutto ciò su cui un potere può fondarsi. Questo
potere reale può e deve essere abbattuto, e solo allora il
mito dell’Olocausto non interesserà più
nessuno, eccetto i suoi seguaci.
Se guidata dall’amore per la libertà e dalla compassione, questa soluzione sarà vantaggiosa anche per i singoli ebrei. Qual è la posizione del singolo ebreo nei confronti dell’ebraismo? E’ la stessa di un singolo membro del Partito nei confronti del Partito. Negli ultimi giorni dell’Unione Sovietica esistevano 16 milioni di membri del Partito. Essere un membro era vantaggioso. Ma quando l’appartenenza al Partito cessò di portare benefici, il numero dei membri si ridusse a poche centinaia di migliaia. Non guardatela come una tragedia: i comunisti di allora riconquistarono la libertà. Alcuni di loro (come Eltsin) divennero anticomunisti, altri abbandonarono la politica e si rifugiarono nella fede, nel commercio o negli affari. Anche coloro che rimasero comunisti non si pentirono del crollo: abbandonarono gli ipocriti e non dovettero più sforzarsi di compiacere milioni di petit bourgeois.
Ma
non potrebbero essere egualmente felici nell’attuale
configurazione dell’ebraismo? Negli anni ’70 e
’80 si tenne una discussione analoga riguardo la
libertà e il pluralismo all’interno del Partito
Comunista. Alla fine la cosa non funzionò.
L’ebraismo non è meno monolitico del Partito,
consente ad alcune opinioni di diffondersi, ma non di diffondersi a
sufficienza. A destra c’è Gilad
Sharon che vorrebbe privare i non ebrei della cittadinanza
israeliana, a sinistra c’è Uri
Avnery che propone sostanzialmente la stessa cosa.
Noi possiamo e dobbiamo aiutare gli ebrei a riconquistare la libertà, così come i membri del Partito, e prima di loro i funzionari della Chiesa, furono aiutati a riconquistare la loro libertà di scelta.