IL DISASTRO DI BHOPAL


Anderson

Warren Anderson presidente della Union Carbide. Nel 2003 il governo indiano ha chiesto agli USA l' estradizione di Anderson: la richiesta è stata respinta



lo stabilimento della Union Carbide



lo stabilimento della Union Carbide in Bhopal

La notte tra il due ed il tre dicembre 1984, da uno stabilimento chimico della  Union Carbide nella città di Bhopal in India, fuoriuscirono 27 tonnellate di isocianato di metile (MIC) , gas mortale. Nessuno dei sei sistemi di sicurezza che avrebbero dovuto impedire l' eventualità di perdite,  era in funzione:   il gas potè spandersi sulla città di Bhopal. Mezzo milione di persone rimasero esposte al gas, ad oggi sono morte 20.000 persone per malattie collegate, di cui 4.000 morirono immediatamente. Più di 120.000 persone ancora soffrono per malattie connesse all' incidente.  Secondo molti esperti, dopo Chernobil, Bhopal è considerato  il più grave disastro industriale mai verificatosi. 



La Union Carbide, azienda multinazionale americana, aveva costruito lo stabilimento industriale di Bhopal negli anni 70 nell' intento di produrre pesticidi per  l' immenso mercato indiano, la produzione iniziò nel 1980, ma le vendite non corrisposero alle aspettative della compagnia. La fabbrica non raggiunse mai la piena produzione. Nell’estate del 1983, la Union Carbide, consapevole del fallimento sospese la produzione, in attesa della definitiva chiusura dell'impianto. Una notevole quantità di materiale e di semilavorati rimasero come scorta in serbatoi sotterranei: in particolare in tre serbatoi erano stoccate oltre 60 tonnellate di isocianato di metile (MIC) un prodotto intermedio della produzione del pesticida Sevin.

Nell’autunno del 1983 gli impianti di sicurezza vennero disattivati: essendo sospesa la produzione, per la direzione della Union Carbide non aveva senso spendere denaro per mantenere in esercizio i sistemi d’allarme e intervento. Il personale fu drasticamente ridotto, i manuali di sicurezza furono riscritti per permettere l' esclusione di alcuni sistemi di sicurezza. La refrigerazione delle vasche del MIC fu interrotta, la  manutenzione ordinaria fu ridotta,  la fiamma pilota della torre di combustione, ultimo sistema di sicurezza per bloccare eventuali fughe di gas contaminante, fu spenta, In totale erano previsti sei sistemi di sicurezza per impedire la fuoriuscita del MIC: nessuno di essi funzionava. Le sirene di allarme erano disattivate.  

Il MIC produce una reazione violenta al contatto con l' acqua. La notte del due dicembre, durante le operazioni di pulitura dei tubi,  per una non corretta interpretazione degli ordini, o meglio a causa del degrado dell’impianto, le tubature non bene isolate causano la fuoriuscita dell’acqua che scorre verso la cisterna  # 610 piena di MIC. Verso le 23.30 gli operai di turno avvertono l' odore dell' isocianato di metile allo stato gassoso: è un odore simile a quello del cavolo lesso, gli occhi cominciano a lacrimare ed a bruciare. L' acqua è arrivata nella cisterna e provoca una reazione di calore che rapidamente trasforma l' isocianato liquido in un vorice gassoso. Il gas sale nella torre di decontaminazione, ma i sistemi di sicurezza che dovrebbero neutralizzarlo sono spenti: le valvole saltano, il MIC si disperde in direzione della città.

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Ricorda Aziza Sultan, una sopravvissuta: "Fui svegliata dal suono della tosse del mio bambino. vidi che la stanza era piena di una nuvola bianca di gas; si sentivano molte persone gridare... gridavano "correte correte". Quindi cominciai a tossire anch' io ed ad ogni respiro avevo l' impressione di respirare fuoco. Gli occhi mi bruciavano"

Un altro sopravvissuto, Champa Devi Shukla, ricorda che "Era come se qualcuno avesse cosparso il mio corpo con  pepe rosso, i miei occhi lacrimavano,  muco colava dal naso  ed avevo la schiuma alla bocca. La tosse era così forte che la gente era preda del panico. La gente correva in tutte le direzioni, tutti erano solo preoccupati di raggiungere qualche posto sicuro e così correvano. Quelli che cadevano non erano aiutati da nessuno, ma erano calpestati dagli altri. La persone si arramicavano e si urtavano gli uni con gli altri nel tentativo di salvarsi, anche le mucche correvano in tutte le direzioni e nella corsa travolgevano la gente"

In quegli istanti drammatici nessuno capiva cosa succedesse. La gente semplicemente cominciò a morire nei modi più orrendi. Alcuni vomitavano in maniera incontrollata, furono presi da convulsioni e caddero morti. Altri  soffocarono nei loro stessi rigurgiti. Molti morirono  nella fuga precipitosa tra gli stretti canali dove le lampade stradali bruciavano una nebbia marrone tra nuvole di gas. L' impeto del fiume di gente strappò i bambini dalle mani dei genitori.  

La nuvola di gas velenoso era così densa e bruciante che la gente era praticamente ridotta alla cecità.  Mentre ansimavano nel tentativo di respirare, l' effetto soffocante del gas aumentava. Il gas bruciava occhi e polmoni e attaccava il loro sistema nervoso. La gente perse il controllo del proprio corpo: urina e feci scorrevano sulle gambe e donne abortirono mentre correvano.

Ma, secondo Rashida Bi, un sopravvissuto che perse per cancro cinque familiari che erano stati  esposti al  gas, "quelli che scamparono furono gli sfortunati: i fortunati sono quelli che morirono in quella notte".

Gli ospedali locali furono subito sopraffatti dal numero di avvelenati, ad aggravare ancor più la crisi fu la mancata conoscenza di quali gas avessero colpito la popolazione e quali fossero gli effetti attesi.

Ancora oggi 50.000 abitanti di Bhopal sono inabili al lavoro a causa di varie infermità ed alcuni hanno perso la mobilità, i sopravvissuti fortunati hanno parenti che si possono occupare di loro, molti quella notte hanno perduto tutta la loro famiglia.

La compagnia non fornì mai informazioni esaurienti sull' esatta mistura chimica dei gas rilasciati, ma le autopsie delle vittime mostravano i segni caratteristici dell' avvelenamento acuto da cianuro. Una serie di studi compiuti cinque anni più tardi mostrò che molti dei sopravvissuti ancora soffrivano per una o più delle seguenti affezioni: cecità completa o parziale, persistenti problemi respiratori, disordine gastrointestinale, sistema immunitario compromesso, disordini da stress post-traumatico e, nelle donne, problemi mestruali. fu anche notato un aumento  degli aborti spontanei della mortalità alla nascita ed un aumento dei difetti genetici nei nuovi nati. Inoltre un' inchiesta della BBC del novembre 2004 ha confermato che la contaminazione è ancora presente nell' acqua per uso potabile e nell' area dello stabilimento industriale.


Nei giorni immediatamente successivi cominciò una lunga battaglia legale che praticamente dura ancora oggi. La battaglia legale fu intrapresa sia sul fronte penale che sul civile.

Il 7 Dicembre, durante un'ispezione all'impianto, la polizia indiana arresta nove persone, tra gli altri, il presidente della Union Carbide, Warren Anderson . Questi è rilasciato su cauzione di 2.000 dollari e abbandona subito il paese. La Union Carbide nel 1991 viene incriminata dal governo regionale di Bhopal con l'accusa di omicidio colposo. Successivamente, nell' aprile del 1992, Anderson è dichiarato contumace per non essersi presentato in giudizio nel procedimento penale a suo carico in India. Per anni Anderson è stato considerato irrintracciabile dalle autorità americane. Il 28 agosto 2002,  Nonostante la pressione del Governo indiano, l'accusa di omicidio colposo viene ribadita contro Warren Anderson dal tribunale di Bhopal. Il 29 agosto 2002 un giornale britannico scopre che Warren Anderson conduce una vita di lusso nello stato di New York, negli US. Nonostante sia ricercato dall'India e dall'Interpol, le autorità statunitensi non si erano impegnate per estradare Anderson, dichiarando di non essere in grado di trovarlo. Il giornale lo ha rintracciato in due settimane. Il tribunale indiano richiede la sua immediata estradizione agli Stati Uniti.  Il 13 luglio 2004 il governo statunitense rigetta la richiesta di estradizione di Warren Anderson, tecnicamente il  motivo del rigetto viene indicato in difetti formali nell' inquadramento delle accuse.  

Sul piano civile le vittime, patrocinate dal governo indiano, ricorsero contro la società anche presso i tribunali degli Stati Uniti. Fu solo nel 1989 che la  Union Carbide, con un parziale accordo con il governo indiano, consentì a pagare un risarcimento cumulativo di 470 milioni di dollari contro i 3,3 miliardi originariamente richiesti dai ricorrenti. Le azioni della Union Carbide immediatamente risalirono non appena il mercato realizzò che la compagnia ne era uscita senza grosse perdite.

Le vittime non erano state consultate nelle discussioni che avevano preceduto l' accordo tra il governo indiano e l' Union Carbide e molti si sentirono truffati per l' esiguità delle somme spettanti: oltre alle 20.000 persone decedute c' erano da risarcire alcune centinaia di migliaia di persone (alla fine risultarono più di 560.000) che avevano avuto infermità di vario tipo.  


Nel novembre 1999 numerose vittime del disastro di Bhopal citano in giudizio la Union Carbide  ed il suo ex amministratore delegato, Warren Anderson, presso il tribunale federale di New York, accusando la Carbide di violazione della legge internazionale sui diritti umani, del diritto ambientale e del diritto penale internazionale.

L' Union Carbide si fonde con la Dow Chemical facendo nascere la più grossa compagnia chimica del mondo. La Dow Chemical subito sostiene di non essere responsabile e quindi di non dover rispondere delle pendenze legali della Union Carbide. Gli anni 2002-2004 vedono forti manifestazioni di protesta da parte delle organizzazioni dei sopravvissuti di Bhopal nei confronti della Dow Chemical

Scrive Daniela Condorelli su  D di Repubblica del 20 novembre 2004:

L'ultimo atto della querelle legale è dello scorso 29 ottobre, quando la Corte suprema dell'India ha finalmente dato il via ai pagamenti 327 milioni di dollari da distribuire tra le 570 mila vittime del disastro. L'approvazione risale in realtà allo scorso luglio, ma solo oggi le vittime hanno avuto la meglio sugli ultimi cavilli legali e burocratici. Quei soldi, circa 580 dollari a testa, sono quel che resta dei 470 milioni di dollari stanziati nell'89 dalla Union Carbide per risarcire le vittime. Una cifra molto contestata: l'azienda era riuscita a patteggiare con il governo indiano un risarcimento di ben sette volte inferiore a quello richiesto dai rappresentanti delle vittime. Tra il 1995 e il '96 poco più di mezzo milione di persone ha ricevuto 400 dollari a testa. Quanto bastava per curarsi per 5 anni. Briciole se paragonate ai 30 miliardi di fatturato annuo della Dow Chemicals o ai 10 milioni di dollari pagati dalla Dow alla famiglia di Joshua Herbs che ebbe un danno cerebrale causato dall’esposizione ad un pesticida prodotto dall’azienda (il Dursban). Come se il cervello di un bimbo americano valesse 10 milioni di dollari e quello di un bimbo indiano 500 dollari.

Membri del congresso e movimenti d' opinione negli stati Uniti si esprimono perchè la Dow Chemical si faccia carico delle pendenze legali della U.C. nei confronti delle vittime e si faccia carico della decontaminazione del sito.

Un articolo apparso l'8 ottobre del 2003 sul Journal of the American Medical Association, mostra come gli effetti tossici del gas respirato quella notte si riflettano anche sulla seconda generazione che presenta forti ritardi di crescita. "Decine di migliaia di adolescenti sono marchiati dai veleni della Union Carbide", ha dichiarato uno degli autori dello studio.

Intanto la falda idrica inquinata continua a tutt' oggi a mietere vittime

gilgamesh58 - giugno 2007

fonti, approfondimenti:

http://www.zmag.org/Italy/mahajan-bhopal.htm

http://www.rai.it/news/articolonews/0,9217,7508,00.html

http://www.rai.it/news/articolonews/0,9217,7503,00.html

http://www.greenpeace.it/bhopal/index.php

http://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_di_Bhopal

http://www.studentsforbhopal.org/WhatHappened.htm

http://www.bhopal.org/achildisborn.html

fotografie:

http://gilgamesh1958.dyndns.org/photo/index1.php?currdir=bhopal